mercoledì 25 dicembre 2024

Castel San Giovanni

Itinerari in Val Tidone - Castel San Giovanni

Castel San Giovanni
Lungo la strada per Pavia è quasi la stessa campagna che si sfiora dirigendosi verso la provincia di Parma, sempre Via Emilia è, a tutti gli effetti, ma si tratta in questo caso della Via Emilia Pavese e la meta è il paese di Castel San Giovanni.
Uscendo da Piacenza, si attraversa il ponte sul Trebbia, dove sotto giace un letto senz’acqua in questa calda stagione e si prosegue verso San Nicolò: già qui l’aria della città si fa rarefatta e le case sono più isolate e circondate da giardini, tutto profuma già di piccolo paese.
La strada prosegue e si incontra Rottofreno, anch’esso di fattezze simili al precedente: campagna, case basse, tranquille zone residenziali e alberi mischiati ai muri di mattoni; da qui mancano solo dieci chilometri circa alla nostra meta. La statale si fa più larga e di paesi ai lati non ne sfrecciano più: tutto questo dura qualche minuto, finche sulla destra una piccola chiesa che sembra abbandonata saluta i passanti con i suoi mattoni diroccati, il suo bellissimo antico campanile e il suo povero mistero che odora di vecchiezza e abbandono, circondata da sterpi e campi che corrono fino ai piedi delle colline.

Pioppi, querce, alberi di ogni tipo, fiori e arbusti spontanei continuano a sfrecciare accanto all’auto agitandosi ai bordi della strada, che degradano nel verde della natura: ancora qualche chilometro con questo rilassante paesaggio e poi, in prossimità di Sarmato, sulla sinistra, ecco farsi materia un enorme edificio composto da torri grandi cilindriche e una struttura centrale che pare un opificio abbandonato: un ex zuccherificio, ad occhio e croce.
Tutto intorno questa campagna smisuratamente bella, d’estate diventa solo verde e azzurra, di colori intensi e palpabili, campagna famosa anche per le sue tristi nebbie invernali, campagna che divenne quasi acquitrino nell’alluvione del ’94, campagna che oggi, col sole che sta per tramontare, sembra incastonata in una tela ad olio. Poco più avanti, il semaforo che segna l’ingresso nel paese e qui ci siamo: due rotonde si presentano subito a chi arriva da Piacenza e a prima vista sembra quasi di entrare in una città e non in un paese, seppur piuttosto grande.

Sulla seconda rotonda, una vecchia costruzione, una chiesa per l’esattezza: piccola, con tre navate, due porte in legno e delle nicchie ricavate nelle mura, una grossa croce sopra l’entrata. Simile a quegli altrettanto belli e semplici luoghi di un culto che fu che si incontrano lungo gli argini del fiume o nelle campagne attraversate dal Trebbia o dal Po. Se ne sta lì a stagliare un forte contrasto tra la sfacciata modernità pesante dell’asfalto e la sua inattaccabile delicatezza, se ne sta lì a indicare che quella su cui si trova è la via per il centro storico del paese, dove occorre dimenticare l’auto e proseguire a piedi.
Qui inizia a chiarirsi la storia di questo paese: forse le prime origini furono in un’antica pieve detta “di Olubra”, nelle cui vicinanze scorreva il torrente Lora. Di certo si sa che fu nel periodo romano assoggettato alla regione di Liguria, con capitale Genova, che fu poi unita all’Emilia e alla Lombardia, quando Milano fu capitale dell’impero e i governatori risiedevano a Genova e a Piacenza.
Passa così la sua storia di dominazioni dai Longobardi ai Franchi e nel Medioevo lo ritroviamo facente parte del feudo monastico dei famosi monaci di San Colombano di Bobbio.
I domini non sono finiti, perché alle epoche dei Comuni vede passare molte nobili famiglie al suo comando: i Fontana, gli Arcelli, i Pallavicino, i Dal Verme.
A metà del 1400 fa parte del Principato di Pavia, sotto al Ducato di Milano e sul finire dello stesso secolo il conte Luigi Dal Verme venne assassinato, con il conseguente passaggio di Castel San Giovanni sotto al Ducato di Parma e Piacenza.

Appena si approda nel centro città si presenta ai nostri occhi la piazza del Municipio: grande, aperta, sui lati opposti due edifici che si guardano come riflessi in uno specchio, entrambi di colore rosato, con i portici e una sfilza di finestre al piano alto. Uno è la sede del Comune, l’altro ospita una scuola elementare e tutt’intorno, dove i lati della piazza sono liberi, si incrociano le vie del centro che portano via lo sguardo lungo le file di vecchie case, piccole vetrine, gelaterie, negozi.
Strade tipiche dei nostri paesi, selciato sotto ai piedi, finestre con i fiori sui davanzali, balconcini, portoni di legno: all’imbrunire è un paesaggio che si confonde con quello, altrettanto bello e caratteristico, dei tanti borghi della provincia.

Collegiata di San Giovanni
Tra le perle storico-artistiche da visitare in questo paese il primo posto lo tiene la Collegiata di San Giovanni, risalente al XIV secolo: una facciata con statue di terracotta e un portale barocco; un bellissimo interno a tre navate che cela una fonte battesimale di marmo datata sedicesimo secolo e un crocifisso in legno intagliato sempre della stessa epoca.

Villa Braghieri – Albesani
Altrettanto indimenticabile è Villa Braghieri – Albesani, antica dimora che vive celata da un grosso muro di cinta alle porte del paese, immersa in un parco e datata diciottesimo secolo. Più di venti stanze, molte delle quali restaurate e affrescate. Originariamente era un fabbricato rurale, per merito dell’iniziativa del suo proprietario conte Daniele Chiapponi subì la sua prima trasformazione in dimora nobiliare e serbò accanto alla cucine il vecchio pozzo a testimonianza delle sue radici agricole. Venne in seguito chiamata, appunto, Villa Chiapponi Scotti di Castelbosco.
All’inizio del diciottesimo secolo morì il conte Chiapponi e la villa passò in eredità alla figlia Teodora, che aveva sposato un esponente della famiglia Scotti.
Poco dopo gli Scotti cedettero la proprietà a Pietro Albesani, che fu anche podestà di Castel San Giovanni, per cui prese il nome di Villa Albesani.
Alla fine del secolo diciannovesimo, la villa passò poi in eredità ai Gobbi Belcredi e poi ai Braghieri; oggi è da tutti è conosciuta infatti come Villa Braghieri, in memoria dell’ultimo proprietario.
Interessante è la collocazione della libreria comunale all’interno della villa: oltre 20.000 volumi, a scaffale aperto e con accesso gratuito, sono consultabili in tutti e due i piani su cui è disposta la biblioteca, caratterizzata soprattutto da contenuti di carattere umanistico: storici, d’arte e di saggistica.

Roberto Rossi
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