Piacenza da vedere: Basilica di Sant'Antonino
con tipologia planimetrica all'epoca molto rara
La Basilica di S. Antonino rappresenta uno degli esiti più interessanti della cultura architettonica dell'XI secolo, caratterizzata da una fase di intensa sperimentazione.
Fu infatti adottata una tipologia planimetrica raramente attestata in Italia: la pianta basilicale, a tre navate, orientata ad Est, con transetto occidentale, di cui sono noti una serie di esempi germanici.
Per l'estraneità di tale modello nel panorama dell'architettura cosiddetta lombarda, l'attuale edificio è stato interpretato, in sede locale, come l'adattamento successivo di tre campagne costruttive.
Nell'odierna fabbrica sarebbero dunque cospicue le strutture dei precedenti edifici costruiti nel IV secolo (identificabili con l'attuale transetto) e del IX (con un organismo a croce la cui navata sarebbe stata ricalcata sulla chiesa precedente mentre il transetto sarebbe costituito dall'attuale avancorpo occidentale e di parte dell'odierna navata centrale).
In realtà l'attuale struttura, fatta naturalmente astrazione degli interventi successivi, è frutto di un unico cantiere, identificabile con quello finanziato dal vescovo Sigifredo nel 1014.
L'edificio, suddiviso in tre navate da poderosi pilastri, riceve una inedita articolazione della zona occidentale per la presenza della torre, prevista nel documento di donazione del 1014. Gli alti pilastri si raccordano con le arcate tramite capitelli cubici dagli angoli tagliati a spigolo netto, diversi dal più diffuso tipo cubico scantonato, messi in luce dagli assaggi.
L’eccezionalità di tale costruzione è ulteriormente confermata dalla presenza, nei sottotetti della navata maggiore, di uno straordinario ciclo di affreschi (metà XI secolo), che doveva coinvolgere l'intero edificio, come indicano i lacerti alla base della torre e nei sottotetti del transetto.
Articolato in due registri, in quello inferiore sono raffigurati uomini barbuti, forse profeti, variamente atteggiati, disposti entro un loggiato dipinto, costituito dall'alternarsi di cuspidi e di archi ribassati, che s'impostano su esili colonnine sormontate da fantasiosi capitelli, mentre in quello superiore i busti risaltano con immobile frontalità in riquadri risparmiati entro un meandro a croce.
All'esterno dell'edificio, in cui risulta pienamente leggibile il cantiere dell'XI secolo con gli archetti e le monofore, parzialmente accecate quelle della navata centrale, spicca per l'ardita apertura l'atrio addossato alla testata nord del transetto, opera di Pietro Vago nel 1350.
Il portale, decorato da splendide sculture del XII secolo, i cui recenti restauri hanno messo in luce la preziosità e la finezza di esecuzione, immette all'interno dell'edificio.
Gli innumerevoli interventi che si sono susseguiti dall'erezione delle volte (1466) alla creazione di varie cappelle (alcune eliminate nei radicali restauri del 1930 diretti da Giulio Ulisse Arata), l'ampliamento del coro nel Cinquecento, alcuni interventi barocchi, il complesso intervento ottocentesco che riplasmò l'edificio secondo i canoni gotici allora in voga, rendono difficile la lettura della fabbrica e l'interrelarsi stesso di tutte le operazioni.
Vanno comunque segnalate alcune opere di notevole interesse: i resti di un polittico con la vita di S. Antonino, opera di Bartolomeo di Groppallo del 1455-56 (sacrestia); la volta del coro e del presbiterio decorati da C. Gavasetti nel 1625; le quattro grandi tele attribuite al pittore fiammingo De Longe (1693) nel coro, l'Ultima Cena del pittore genovese Bernardo Castello (cappella del Santissimo) un Crocifisso ligneo con Maria e Giovanni del XV secolo (navata destra).