ll più stravagante ed estroso pittore piacentino di tutti i tempi è sicuramente Osvaldo Bot, sempre scosso da una marea di idee, iniziative, fermenti culturali e artistici.
La sua pittura non fu immune da nessuna delle esperienze dell’arte europea, dal postimpressionismo al cubismo, dal surrealismo all’espressionismo, dal futurismo all’arte oggettuale, anche grazie al suo vivissimo senso di ribellione e di contestazione delle mode tradizionali e convenzionali.
Il suo disegno era rapido, essenziale, stilizzato ma elegante e i suoi colori erano usati a seconda dello stato d’animo del pittore. Diventavano limpidi, cantati, bellissimi nei momenti lirici; drammatici e intensi nei momenti di rabbia e disperazione.
Amico di Marinetti, lasciò che il futurismo toccasse la sua pittura senza però condizionarla troppo. Studiò a Milano presso l’"Umanitaria” e lasciata la scuola strinse rapporti con l’ambiente artistico e culturale della scapigliatura milanese.
Negli anni ’30 cominciò a lavorare alla prima serie delle “Ferroplastiche” e si legò al movimento futurista, partecipando a numerose mostre insieme agli artisti del gruppo.
Pubblicò saggi futuristi, tra cui Autoritratto futurista, con prefazione di Marinetti, e Flora futurista. Creò inoltre cartelloni pubblicitari e carte da gioco futuriste e fondò a Piacenza una sede del movimento.
Nella seconda metà degli anni trenta fu in Libia dove pubblicò pennellate sull’Africa e tenne una mostra personale.
Dopo la seconda Guerra Mondiale realizzò le serie carto-pittura emonotipi.
Morì nel 1958.